La stalla, la tettoia e… il letamaio

a cura di Pietro Zandigiacomo

Come in tutte le aziende agricole di un tempo, integrata negli edifici di abitazione di Cjase Cocel c’è anche la stalla (stale). Nella stalla venivano allevate soprattutto le vacche da latte (vacjis), ma in certi casi veniva ospitato anche il cavallo da tiro (cjaval). Attualmente la stalla per bovini non ospita animali, ma all’interno sono presenti tutte le strutture e gli attrezzi indispensabili per l’allevamento, quali la mangiatoia (trasêf, grepie), gli anelli al muro per tenere legati gli animali (rincjis), la forca per il letame (forcjàs pal ledan), la ramazza per pulire la lettiera (bradasc), la carriola piana di legno (barele) per asportare le deiezioni solide miste alla lettiera, ecc.

A Cjase Cocèl, oltre agli animali di bassa corte (es. gjalinis, rassis, ocjis,) nel recinto di rete metallica (filiade) sito nel cortile interno (arie), c’è, verso il vigneto, una tettoia (lobie) con tre recinti di stanghe di legno per l’allevamento di due asine (mussis), due piccoli gruppi (trops) di pecore (pioris) e due capre (cjavris).

 A Cjase Cocèl non potevano mancare gli asini (vista la tradizionale Corsa che si svolge annualmente a Fagagna a partire dal 1891), in questo caso due docili e simpatiche asine, madre e figlia, di nome "Lole" e "Nine"; appartengono al ceppo "Mangilli" (a partire da riproduttori di razza Romagnola allevati negli anni 30 del secolo scorso a Flumignano dai marchesi Mangilli); gli esemplari si caratterizzano per una vistosa "croce scapolare" scura sul dorso.  Le pecore appartengono a due distinte razze allevate e selezionate nelle aree del nord-est italiano, della Slovenia e della Croazia, ovvero la pecora Istriana, detta anche Carsolina (tipica dell’area carsica a cavallo fra il Carso italiano e quello sloveno e dell’Istria), e la pecora Alpagota (tipica dell’area montuosa dell’Alpago in provincia di Belluno). In ogni caso le pecore appartengono a razze considerate “autoctone” e a rischio di estinzione; esse hanno caratteri in comune con la pecora Friulana, razza locale ormai estinta da diversi decenni. Le capre, invece, sono meticce (misclicis); una ha presumibilmente sangue di razza Saanen (allevata in regione per lo più per il latte) e la seconda sangue di Tibetana (tipicamente da compagnia).

A poca distanza dalla tettoia con le pecore e le capre, come in ogni allevamento che si rispetti, c’è il letamaio o concimaia (ledanâr), dove vengono accumulate, per andare incontro alla naturale fermentazione (sabuliment), le deiezioni animali solide degli ovi-caprini (cacan) miste all’abbondante lettiera vegetale o strame (stiernidure, scjernum, stranc, sorgjâl) (es. paglia, foglie, canne di mais trinciate) che viene periodicamente distribuita sul substrato su cui si muovono e sostano gli animali nei recinti. L’abilità dell’addetto agli animali nell’accumulare e gestire il letame su una piattaforma priva di contenimento di calcestruzzo, fa sì che non ci sia una generica massa informe (tasse dal ledan), ma un vero e proprio tronco di piramide a base rettangolare (mussulin), struttura ormai scomparsa (sarebbe meglio dire “estinta”) da decenni dalle nostre campagne, ove si poteva osservare, ad esempio, sul bordo di un campo (cjaveçâl) o sotto un gelso (morâr). Al termine delle fermentazioni, si ottiene un ottimo letame naturale (ledan madûr) utilizzato per concimare (coltâ) l’orto, il vigneto e i campi.